Heidegger-Stein,
la gioia contro l’angoscia
Pier Luigi Fornari. 5 March 2014.
http://www.avvenire.it/Cultura/Pagine/heideggere-stein-la-giogia-contro-angoscia.aspx
Il
convegno / L’Antropologia filosofica di Edith
Si apre giovedì 6 marzo alla Lateranense, con un saluto del rettore, il vescovo Enrico dal Covolo, il convegno internazionale sulla antropologia filosofica di Edith Stein. Introdurrà il prorettore Patrick Valdrini, che presiederà la prima sezione nella quale Angela Ales Bello tratterà delle "radici husserliane dell’antropologia filosofica della Stein". Hanna Barbara Gerl Falkovitz, rintraccerà la concezione dell’esistenza come dono nell’opera di Santa Teresa Benedetta della Croce. Venerdì Hans Reiner Sepp (Università di Praga) terrà una relazione sul tema della persona, e Jean-François Lavigne (Nizza) sull’intenzionalità e l’essenza dello spirito. Nel pomeriggio Antonio Calcagno, (University College di Londra) analizzerà l’evoluzione del concetto di comunità nell’opera della Stein, e Daniela Verducci (Macerata) la metterà a confronto con quella di Max Scheler. Presiederanno rispettivamente le 3 sezioni del 7 marzo: Ulrich Dobhan Ocd, direttore dell’Edith Stein Jahrbuch, Gianfranco Basti, decano di filosofia della Pul, Jacinta Turolo Garcia Ascj (San Paolo in Brasile), e Luisa Avitabile (Cassino). Concluderà i lavori la Ales Bello. Il convegno corona una serie di lezioni tenute da Ales Bello, Nicoletta Ghigi, Anna Maria Pezzella.
Gioia versus angoscia. Chi volesse semplificare al massimo il confronto tra Edith Stein e Martin Heidegger potrebbe trovare in questa opposizione un’immagine efficace della diversità del loro pensiero. Una rappresentazione che stride evidentemente con la conclusione tragica della vita terrena di santa Teresa Benedetta della Croce e il successo incontrastato (incontrastato perfino dal dibattito sulla qualità e l’importanza del suo coinvolgimento nel nazismo) di cui il filosofo della Foresta Nera ha goduto e sembra godere anche in università e circoli culturali cattolici.
Purtroppo poco meditata e studiata è l’intensa interlocuzione filosofica che la fenomenologa di origine ebraica ha intrattenuto con l’autore di Essere e tempo: grande attenzione al suo pensiero, concordanze, ma soprattutto lucidissima critica. La Stein, tra l’altro, rimprovera a Heidegger di mitizzare il nulla [mythologische Redeweise] «come se si parlasse di una persona da aiutare una a ottenere una volta per tutte un diritto negato da sempre».
E ancora gli imputa di aver concepito la temporalità e la finitezza dell’uomo come «catenaccio», per una sorta di suo «risentimento» anticristiano [antichristlicher Affekt], motivato forse dalla volontà di cancellare la fede che aveva ereditato.
Oltremodo opportuno, dunque, per approfondire questi e altri attualissimi temi, il convegno che prende l’avvio domani a Roma, alla Lateranense, sull’antropologia filosofica di Edith Stein, con la partecipazione di esperti di primo piano a livello mondiale. Ad aprire e concludere il convegno sarà Angela Ales Bello, iniziatrice e guida in Italia degli studi sulla santa filosofa, e ora direttrice dell’Area internazionale di Ricerca Edith Stein nella filosofia contemporanea, attivata da un anno dalla Lateranense. Proprio in tema di rapporti con Heidegger, la relazione di Hanna Barbara Gerl-Falkovitz, illustrerà come la filosofia della Stein non abbia nulla da invidiare alla suggestiva meditazione di Jean Luc Marion sul "dono".
Proprio un’analisi fenomenologica dell’essere umano, nella sua finitezza e nella sua temporalità, invece, come argomenta la studiosa tedesca, consente alla Stein di elevare il pensiero a un Essere Eterno. «Questa apertura della riflessione – osserva la Gerl – porta la Stein oltre il pensiero dell’essere di Tommaso, oltre quello dell’Io di Hussserl a quello di Agostino sulla relazione: in essa si rivela il carattere di dono dell’esistenza, e in risposta, l’abbandono a una Persona Eterna e l’accoglienza attraverso una Persona eterna».
Si apre così una "breccia" nell’ontologia: dal concetto di essere a quello più ricco di Persona. Pur nella finitezza umana, conclude la docente della Hochschule filosofico-teologica dell’Austria citando la Stein, «il conoscere amare e servire, e la santa gioia nel conoscere, amare e servire, è al contempo un ricevere e accettare, è libero dono di sé a questa vita donata».
È in gioco dunque una visione antropologica, tema oggi quanto mai strategico nella salvaguardia dell’umano e delle sue istituzioni fondamentali, come il matrimonio e la famiglia. Su questo terreno, significativamente, può essere individuato uno spartiacque tra Edmund Husserl e la Stein, da una parte; e Heidegger, dall’altra, come dimostrano gli studi della Ales Bello. Seppur l’iniziatore della fenomenologia e il suo assistente si scambino reciprocamente accuse di "antropologismo" ricorda la fenomenologa italiana, di fatto Husserl si colloca nel solco della antropologia di San Paolo: l’uomo è corpo, anima e spirito. «Una concezione assolutamente insufficiente», replicherà Heidegger, bocciando tutto l’orientamento dell’antropologia greco-cristiana, che ha coniugato la definizione dell’essere umano come animale razionale con l’essere e l’essenza di ordine teologico.
«È stata comunque la Stein – sottolinea la ex decana di filosofia della Lateranense – a contribuire in modo determinante alla nascita della antropologia filosofica, ancora sconosciuta negli anni ’30, e a conferire alla disciplina questo nome». La fenomenologa che Giovanni Paolo II volle patrona d’Europa, supera, integrandola, l’antropologia concepita come scienza della natura, e studia l’essere umano in quanto essere spirituale. «Non basta perciò – aggiunge la Ales Bello –, riferirsi alle cosiddette scienze dello spirito, ad esempio la storia, il diritto, le quali non sono altro che prodotti dell’attività spirituale, ma è necessario esaminare che cosa sia lo spirito, all’interno della complessa stratificazione dell’essere umano».
Non a caso nelle prime pagine della Struttura della persona umana, testo preso in esame nel primo anno di vita dell’area internazionale di ricerca sulla Stein, la filosofa avverte che è impossibile fare opera pedagogica se l’uomo è concepito solo come «un essere gettato di fronte al nulla» (Heidegger) o come un fascio di istinti (psicologia del profondo). «Ci si deve domandare che senso possa avere una chiamata a una esistenza che viene dal nulla e va verso il nulla», osserva la Stein, avversando l’idea che un educatore possa farsi difensore di questa chiamata presso i giovani. Osservazioni probabilmente dettate anche dal clima che stava montando in Germania in quei giorni. Una ragione in più, per la Stein, per fondare l’azione educativa sulla metafisica cristiana. Un altro terreno di contrasto con Heidegger, che liquidava una filosofia che assumesse una tale qualifica come «ferro ligneo».
Si apre giovedì 6 marzo alla Lateranense, con un saluto del rettore, il vescovo Enrico dal Covolo, il convegno internazionale sulla antropologia filosofica di Edith Stein. Introdurrà il prorettore Patrick Valdrini, che presiederà la prima sezione nella quale Angela Ales Bello tratterà delle "radici husserliane dell’antropologia filosofica della Stein". Hanna Barbara Gerl Falkovitz, rintraccerà la concezione dell’esistenza come dono nell’opera di Santa Teresa Benedetta della Croce. Venerdì Hans Reiner Sepp (Università di Praga) terrà una relazione sul tema della persona, e Jean-François Lavigne (Nizza) sull’intenzionalità e l’essenza dello spirito. Nel pomeriggio Antonio Calcagno, (University College di Londra) analizzerà l’evoluzione del concetto di comunità nell’opera della Stein, e Daniela Verducci (Macerata) la metterà a confronto con quella di Max Scheler. Presiederanno rispettivamente le 3 sezioni del 7 marzo: Ulrich Dobhan Ocd, direttore dell’Edith Stein Jahrbuch, Gianfranco Basti, decano di filosofia della Pul, Jacinta Turolo Garcia Ascj (San Paolo in Brasile), e Luisa Avitabile (Cassino). Concluderà i lavori la Ales Bello. Il convegno corona una serie di lezioni tenute da Ales Bello, Nicoletta Ghigi, Anna Maria Pezzella.
Gioia versus angoscia. Chi volesse semplificare al massimo il confronto tra Edith Stein e Martin Heidegger potrebbe trovare in questa opposizione un’immagine efficace della diversità del loro pensiero. Una rappresentazione che stride evidentemente con la conclusione tragica della vita terrena di santa Teresa Benedetta della Croce e il successo incontrastato (incontrastato perfino dal dibattito sulla qualità e l’importanza del suo coinvolgimento nel nazismo) di cui il filosofo della Foresta Nera ha goduto e sembra godere anche in università e circoli culturali cattolici.
Purtroppo poco meditata e studiata è l’intensa interlocuzione filosofica che la fenomenologa di origine ebraica ha intrattenuto con l’autore di Essere e tempo: grande attenzione al suo pensiero, concordanze, ma soprattutto lucidissima critica. La Stein, tra l’altro, rimprovera a Heidegger di mitizzare il nulla [mythologische Redeweise] «come se si parlasse di una persona da aiutare una a ottenere una volta per tutte un diritto negato da sempre».
E ancora gli imputa di aver concepito la temporalità e la finitezza dell’uomo come «catenaccio», per una sorta di suo «risentimento» anticristiano [antichristlicher Affekt], motivato forse dalla volontà di cancellare la fede che aveva ereditato.
Oltremodo opportuno, dunque, per approfondire questi e altri attualissimi temi, il convegno che prende l’avvio domani a Roma, alla Lateranense, sull’antropologia filosofica di Edith Stein, con la partecipazione di esperti di primo piano a livello mondiale. Ad aprire e concludere il convegno sarà Angela Ales Bello, iniziatrice e guida in Italia degli studi sulla santa filosofa, e ora direttrice dell’Area internazionale di Ricerca Edith Stein nella filosofia contemporanea, attivata da un anno dalla Lateranense. Proprio in tema di rapporti con Heidegger, la relazione di Hanna Barbara Gerl-Falkovitz, illustrerà come la filosofia della Stein non abbia nulla da invidiare alla suggestiva meditazione di Jean Luc Marion sul "dono".
Proprio un’analisi fenomenologica dell’essere umano, nella sua finitezza e nella sua temporalità, invece, come argomenta la studiosa tedesca, consente alla Stein di elevare il pensiero a un Essere Eterno. «Questa apertura della riflessione – osserva la Gerl – porta la Stein oltre il pensiero dell’essere di Tommaso, oltre quello dell’Io di Hussserl a quello di Agostino sulla relazione: in essa si rivela il carattere di dono dell’esistenza, e in risposta, l’abbandono a una Persona Eterna e l’accoglienza attraverso una Persona eterna».
Si apre così una "breccia" nell’ontologia: dal concetto di essere a quello più ricco di Persona. Pur nella finitezza umana, conclude la docente della Hochschule filosofico-teologica dell’Austria citando la Stein, «il conoscere amare e servire, e la santa gioia nel conoscere, amare e servire, è al contempo un ricevere e accettare, è libero dono di sé a questa vita donata».
È in gioco dunque una visione antropologica, tema oggi quanto mai strategico nella salvaguardia dell’umano e delle sue istituzioni fondamentali, come il matrimonio e la famiglia. Su questo terreno, significativamente, può essere individuato uno spartiacque tra Edmund Husserl e la Stein, da una parte; e Heidegger, dall’altra, come dimostrano gli studi della Ales Bello. Seppur l’iniziatore della fenomenologia e il suo assistente si scambino reciprocamente accuse di "antropologismo" ricorda la fenomenologa italiana, di fatto Husserl si colloca nel solco della antropologia di San Paolo: l’uomo è corpo, anima e spirito. «Una concezione assolutamente insufficiente», replicherà Heidegger, bocciando tutto l’orientamento dell’antropologia greco-cristiana, che ha coniugato la definizione dell’essere umano come animale razionale con l’essere e l’essenza di ordine teologico.
«È stata comunque la Stein – sottolinea la ex decana di filosofia della Lateranense – a contribuire in modo determinante alla nascita della antropologia filosofica, ancora sconosciuta negli anni ’30, e a conferire alla disciplina questo nome». La fenomenologa che Giovanni Paolo II volle patrona d’Europa, supera, integrandola, l’antropologia concepita come scienza della natura, e studia l’essere umano in quanto essere spirituale. «Non basta perciò – aggiunge la Ales Bello –, riferirsi alle cosiddette scienze dello spirito, ad esempio la storia, il diritto, le quali non sono altro che prodotti dell’attività spirituale, ma è necessario esaminare che cosa sia lo spirito, all’interno della complessa stratificazione dell’essere umano».
Non a caso nelle prime pagine della Struttura della persona umana, testo preso in esame nel primo anno di vita dell’area internazionale di ricerca sulla Stein, la filosofa avverte che è impossibile fare opera pedagogica se l’uomo è concepito solo come «un essere gettato di fronte al nulla» (Heidegger) o come un fascio di istinti (psicologia del profondo). «Ci si deve domandare che senso possa avere una chiamata a una esistenza che viene dal nulla e va verso il nulla», osserva la Stein, avversando l’idea che un educatore possa farsi difensore di questa chiamata presso i giovani. Osservazioni probabilmente dettate anche dal clima che stava montando in Germania in quei giorni. Una ragione in più, per la Stein, per fondare l’azione educativa sulla metafisica cristiana. Un altro terreno di contrasto con Heidegger, che liquidava una filosofia che assumesse una tale qualifica come «ferro ligneo».